Questa mattina mi sono svegliata alle 7. E poi in ordine: colazione, doccia, denti, vestirsi, sistemare letto e cucina, mettere la giacca, chiudere il pc e il telefono dentro lo zaino e alle 8, il clic dell’ultima mandata di chiave alla porta di casa.
Il tempo di scendere le scale, alle 8 e 15 ero già alla metro in plaza Universitat: metro rossa, direzione Arc de Triomf per l’esattezza.
Scendo verso le 8 e 35, mi soffermo a guardare i giornali che vendono lì vicino.
Alle 9 meno un quarto sono già in quel bar all’angolo della strada, a sorseggiare il secondo caffè della giornata, seduta fuori nei tavolini.
Alle 9 in punto mi alzo; solo 4 metri prima di arrivare al portone dell’ufficio. Decido di farli con calma, respirando l’aria frizzantina di un novembre che sta cedendo il passo all’ultimo mese dell’anno.
Guardo l’orario: 9 e un quarto. Salgo in ufficio, mi metto nella mia solita postazione con il quadro che ritrae il mar Mediterraneo, visto da una finestra bianca. Accendo il pc e non ci sono più.
Almeno fino alle 11: perché uno snack non si rifiuta mai. Quindi scendo all’altro bar che sta proprio al lato del grande portone di pietra e ordino il terzo caffè della giornata con della cioccolata di sopra. In questo mondo c’è sempre bisogno di cioccolata per prepararsi all’inverno. Nel locale ci sono le tre o quattro solite facce, è incredibile. Anzi, in realtà qualcuna nuova c’é, dopotutto. C’è pure un tipo niente male, o almeno sembrerebbe, dato che non stacca gli occhi dal telefono. Beh, almeno la gente ha il tempo di avere relazioni sentimentali. Ed io, invece, perché perdo tempo a pensare a cose simili? Chiaro, in questo modo, a chi devo trovare?
Le ore successive si susseguirono in questo ordine: risalgo, riapro il documento aperto su word a cui stavo lavorando, aiuto i miei colleghi per questioni varie, i miei colleghi mi aiutano su questioni varie. Via vai dal bagno e dal distributore di merendine. Per pranzo tiro fuori il riso che avevo preparato la sera prima. Il pc già mi stava aspettando e sparisco dal mondo, fino alle 6 e mezza.
Alle 7 meno un quarto sono già in cammino verso la metro; a pochi passi dall’entrata decido che avrei camminato in una così bella giornata, ormai volta quasi al suo termine.
Torno a casa verso le 8 e mezza: anzi alle 8 e 32 giro la toppa di casa con le tre mandate e a e 35 sistemo la spesa che avevo fatto al supermercato.
La cena era pronta verso le 9 e 15 ed il film si stava caricando ancora.
Ed eccoci alle 11 che mi ritrovo qui, a scrivere il mio diario, in attesa della fine di un altro giorno di questa routine.
Questa mattina mi sono svegliato alle 7. E poi in ordine: colazione, doccia, denti, vestirsi, mettere la giacca, chiudere il pc e il telefono dentro la valigetta e alle 8 meno 5, il clic dell’ultima mandata di chiave alla porta di casa. Potrei pure avere un peso sulla coscienza per il letto che non ho rifatto e la cucina ancora in stand-by da sistemare, ma in realtà mica tanto. Preferisco occupare questi momenti facendo altro, come uscire prima, per esempio.
Il tempo di scendere le scale, alle 8 e 10 ero già sulla metro di plaza Universitat: metro rossa, direzione Arc de Triomf come sempre.
Scendo verso le 8 e 30, mi soffermo a guardare distrattamente gli annunci degli affitti dall’agenzia immobiliare lì vicino.
Alle 9 meno venti sono già dentro il bar all’angolo della strada, seduto a sorseggiare il secondo caffè della giornata, dal mio solito tavolino laterale con vista sull’Arc de Triomf e con le spalle al bancone.
Alle 9 meno cinque mi alzo; solo 5 metri prima di arrivare al portone dell’ufficio. Li faccio con calma, guardando come, intorno a me, tutto sembra essere rallentato; allo stesso modo delle persone che camminano: turisti, residenti e residenti acquisiti, come me. Tutti stiamo godendo di questa calma mattutina. Guardo l’orario: 9 e 14. Salgo in ufficio, mi siedo nella mia solita postazione con il quadro che ritrae la casa bianca vista dal mare. Accendo il pc e non ci sono più, o almeno fino al primo break delle 11. Uno snack è inevitabile se si vuole lavorare, senza divorarsi tutto lo staff, capo compreso. Quindi scendo al bar che sta di fronte al grande portone di legno, ordino il terzo caffè della giornata con doppia dose di zucchero – perché ce n’è bisogno per prepararsi ad un’intera giornata in ufficio- e cancello nel telefono tutte le email di offerte di viaggi che fino al duemila-mai non avrò il tempo di fare.
Le ore successive si susseguirono in questo ordine: risalgo, riapro il documento aperto su excel a cui stavo lavorando; aiuto i miei colleghi per questioni varie e i miei colleghi aiutano me. Via vai dal bagno, ma sopratutto dal distributore di merendine. Per pranzo tiro fuori il panino e lo mangio affacciato alla finestra, guardando quei balconi del terrazzo di fronte. Non vedo niente di ben definito: solo posso distinguere un quadro dai toni blu e una cornice bianca intorno che scommetto che ritrae il mare, che fantasia. Non so nemmeno perché ci avrò pensato più di tanto. Fatto sta che ritorno al pc, prego che la batteria regga per tutto il tempo e sparisco dal mondo, fino alle 6 e mezza.
Alle 7 meno un quarto sono già in cammino verso la metro; avrei dovuto fare come quella ragazza davanti a me che si è girata di scatto, evidentemente colta dall’irrefrenabile voglia di farsela a piedi. Ma siccome io di irrefrenabile oggi non ho niente, ecco che le porte di questa metro si aprono per me.
Torno a casa verso le 8 e mezza: anzi alle 8 e 27 giro la toppa di casa con le tre mandate e a e 35 mi siedo sul divano, maledicendomi per quelle due birre che mi sono scolato a stomaco vuoto, prima di tornare.
La cena era pronta verso le 10 e 15, giusto dopo la corsa e dopo la doccia, mentre il film ancora non ne voleva sapere di caricarsi.
Alle 11 mi ritrovo qui, a ripercorrere la mia giornata, tanto per aspettare di addormentarmi.
Questa mattina mi sono svegliata alle 7.
Questa mattina mi sono svegliato alle 7.
E poi in ordine: colazione, doccia, denti, vestirsi, sistemare letto e cucina, mettere la giacca, chiudere il pc e il telefono dentro lo zaino e alle 8, il clic dell’ultima mandata di chiave alla porta di casa.
E poi in ordine: colazione, doccia, denti, vestirsi, questa volta sistemare letto e cucina, mettere la giacca, chiudere il pc e il telefono dentro la valigetta e alle 8, il clic dell’ultima mandata di chiave alla porta di casa.
Il tempo di scendere le scale…
Il tempo di scendere le scale…
Era il destino,
erano le tempistiche,
ma noi ci saremo incontrati
perché ci dovevamo incontrare
prima o poi
tra un piano e l’altro della vita.