Dialoghi, Racconti & Poesie

Il Contratto

Conversazione tra me e Dio, prima dello scoccare della mezzanotte del 3 settembre 1991.

-God: “Allora, Valeria, ricapitolando: nascerai in Italia, da genitori siciliani, ma tua madre non ti darà mai i suoi occhi azzurri. Sarai celiaca, ma te lo confermeranno soltanto dopo la fine degli anni di liceo; un’esperienza quasi paragonabile al 2020 e che poi ti spiegherò. Fin qui, tutto torna?”
-Valeria in versione animula: “Sisi, tutto perfetto”.
-God: “Ok, continuiamo. Sembrerai a lungo una ragazzina, roba che ti prenderanno per liceale anche quando avrai 30 anni. Finché, un giorno ti sveglierai finalmente vecchia, così de botto, senza senso”.
Valeria annuisce con il capo, Dio continua.
-God: “Vivrai una serie di cose, tipo: la caduta delle torri gemelle, sarai vicina alla piazza di Vienna dove faranno un attentato durante un tuo viaggio in solitaria. Ah, si! E poi vivrai il 2020.”
-Valeria: “Signore, mi scusi, che c’è nel 2020?”
-God: “Ma niente, le solite cose, tipo disastri ambientali, scioglimento dei ghiacciai, Notre Dame in fiamme, Tik Tok, una pandemia…”
-Valeria: “Una pandemia? E di che?”
-God: “Guarda senti, te non ci pensare ora, tanto si tratta di qualcosa che avverrà soltanto intorno ai tuoi 30 anni. Ti dico solo che una cinese mi ha fatto sbroccare, importunando il mio vicario in terra. Comunque, sempre meglio della peste della tua scorsa vita. Continuo?”
-Valeria pensierosa: “Ah sí, certo certo.”
-God: “Lavoro manco a parlarne, ma di lauree quante ne vuoi”.
-Valeria: “Beh, in amore almeno sarò fortunata, no?”
-God: “Ma guarda, cioè dipende dai punti di vista. Almeno questa volta il marito non ti muore in guerra. Per il resto, ti darò degli amici molto validi.”
Dio continua a guardare la sua lista e mette spunte in base a ciò che legge.
-Valeria: “Quindi, mi perdoni, ha detto una pandemia, eh?”
-God: “Guarda, per agevolarti ci metto che la tua casa natale sarà davanti al mare, inoltre avrai la capacità di essere giusto un minimo multilingue, insieme alla combo Siri e Netflix per quando sarai pigra e in zona rossa.”
-Valeria: “E oltre alla pandemia, ci sarà altro?”
-God: “E daje con sta pandemia, Valeria. Altro non posso dirti, ricordati che hai deciso di acquistare il pacchetto “Nuova Vita” in modalità semi-occulta. Allora, quindi, cosa fai? Accetti?”
-Valeria: “Potrei pensarci un altro po’, dato che dovrei ragionare su qualche…”
-God: “Valeria, guarda che do questa opportunità a qualcun altro, eh! Ripeto: Accetti i termini bla bla bla dichiari di aver letto le condizioni per la privacy etc etc.?”
-Valeria: “Ok, accetto.”
-God porgendo il tablet: “Spunta qui la casella ‘Non sono un robot’.”

✔️

-God: “Perfetto figlia mia. Benvenuta nella tua nuova vita. Ci rivedremo tra ben 85 anni.”
-Valeria: “Cos?”

Ed è così che suppergiù è andata.

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

Il bracciale

-Come mi hai trovata?
-Non lo so.
-E come sei arrivato fin qui?
-Non lo so. Ho sentito la tua voce una notte, mentre dormivo. Il tuo viso era nascosto tra i capelli lunghi e smossi dal vento, ma ti ho riconosciuta. Ho scorto dietro di te delle mura di un castello antico, mi chiedevi di venirti a prendere, affacciata a un balcone con sotto un mare in tempesta.
-Non ero io. Non ho bisogno che tu mi venga a salvare da nessun mare in tempesta. Questa è la mia casa ormai, e quel castello non è una prigione. Perché sei qui?
-Forse proprio per questo, perché non ne hai bisogno. E allora sono qui per smontare l’armatura con cui ti difendi dalle maree che sbattono contro la tua isola. Sono qui per farti venire via con me su quella barca che, inspiegabilmente, mi ha condotto fin qui, spinta soltanto dal ricordo della tua voce. Sono qui per farti accorgere di questo filo rosso che hai trasformato in bracciale e che adesso tieni al posto. Sai cos’è?
-Questo bracciale, dici? L’ho trovato prima di arrivare qui. Era un filo rimasto impigliato tra i miei capelli mentre stavo per salire sulla nave. Era il mio vecchio mondo che mi salutava.
-Ero io che ti salutavo. Il vento ha condotto alla mia finestra un filo uguale. Tu non vuoi essere salvata ed io non sono qui per farlo, ma permettimi di farti comprendere che prima o poi questa fase deve finire. Hai avuto il tuo addestramento e sei una persona diversa, completa, cresciuta. Adesso è arrivato il momento di tornare a casa. Perciò, sali con me su quella barca.
-No, non voglio, non posso.
-Vieni con me, non scappare ancora dalla felicità. Sali con me su quella barca che ti riporto a casa.

Il vento le copre il volto con i capelli, il suo sguardo era rivolto verso il mare.

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

Pensarsi

-C’è un dubbio che non so sciogliere, quello per cui non capisco se ci siamo persi o allontanati.
-Ha importanza?
-Beh, certo! Se ci perdiamo, vuol dire che siamo relegati in un passato che un tempo ci è appartenuto, mentre, se ci siamo allontanati, rimaniamo insieme nel presente e lo saremo anche un pochino nel futuro.
-E tu cosa vuoi? Relegare nel passato o portarmi nel futuro?
-Voglio la soluzione che faccia meno male.
-Ti fa meno male vedermi più sbiadito?
-Sì.
-Ti senti più leggera, se mi dimentichi?
-Sí.
-Riesci a dimenticarmi?
-No.
– Sai che ci sono cose che puoi cambiare e altre su cui non hai potere. Il segreto per non soffrire è convivere con le seconde, e fare di tutto per agire sulle prime.
-Vuoi dire che devo convivere con te? Ma così ti porto nel futuro!
-Devi convivere con il mio ricordo, mentre lo tieni a bada in un cassetto. Trattalo e trattami come il giocattolo che amavi da bambina; poi appena sei cresciuta, l’hai conservato da qualche parte e andando avanti negli anni, è capitato che non ci hai più pensato. Ma un bel giorno, camminando per la strada, noti una bimba che abbraccia una bambola così simile alla tua. Dunque, lo ripeschi dalla memoria, il tuo giocattolo che ti era tanto dispiaciuto riporre alla fine di quel periodo della tua vita, eppure questa volta ne sorridi. Infine, quando la bambina ha girato l’angolo, anche lì, il tuo pensiero fa lo stesso, e la bambola sparisce dalla strada dei ricordi, rimasta indietro e riportata nuovamente nel suo cassetto. Ecco, è così che devi fare con me.
– Il mio giocattolo preferito… è questo che sono stata io? É così che tu hai fatto con me?
-No. Io ti ho paragonato a una delle giornate più belle della mia vita, una di quelle che ti hanno segnato e che ricordi con il sorriso. Magari le vorresti rivivere, ma per farlo devi tornare più piccolo, devi tornare indietro, devi smettere di essere chi sei.
– Già, io e te non siamo più chi eravamo.
– Ed è giusto che sia così.
-Quindi anche tu mi porti nel futuro?
– É inevitabile. Ti ci porto, ma con parsimonia. Rispunti fuori quando qualcuno ti chiama: un profumo che sembra il tuo, una voce dolce come la tua, un foglio di carta su cui è scritta una poesia, una ragazza che da lontano ha la gonna mossa dal vento, come quella volta che ti ho vista mentre guardavi il tramonto davanti al mare.
Vedi, io non posso rispondere al tuo dubbio, perché noi non ci siamo né persi e né allontanati. Quel che è stato, in qualche modo, ci ha legato seppure noi non ci vediamo, non ci incontriamo e se magari ci vediamo anche, non ci parliamo.
– E non stiamo parlando, adesso?
– Sì che stiamo parlando, e questo è l’unico modo che abbiamo per farlo. Tu hai formulato nel tuo cuore queste domande tanto tempo fa, io oggi sento il bisogno di rispondere a qualcosa che non hanno sentito le mie orecchie, ma che ho percepito dai silenzi degli anni che passano. Tu magari non mi sentirai oggi stesso, ma quando guarderai il cielo e vedrai una scia bianca di un aereo, sorriderai perchè in cuor tuo, mi hai sentito.
-Quindi non ci siamo persi, nonostante tutto.
-No, e non ci perderemo mai, nonostante tutto.

Lui sorrise, conservando in tasca quel foglio di carta che recitava due frasi di William Shakespeare, scritte da qualche sconosciuto e trovate per caso su di una panchina.
Era il 7 novembre 2018.
E lei sorrise, quando sul cielo di Londra, vide comparire una scia di un’aereo che tagliava in due la sagoma della luna, all’ora del tramonto.
Era il 31 dicembre 2019.

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

L’abbraccio

-Sì, bambina mia, è questa la loro storia: quando sta per arrivare la luna, il sole si va a nascondere dietro il mare.
-Ma perché? Allora non si vogliono bene?
-Certo e tanto. Vedi, loro lo sanno di volersi bene, ma è la vita che impone questa corsa.
-E allora non si vedono mai?
-Sì che si vedono. Devi sapere che, di tanto in tanto, il sole e la luna si incontrano in un punto del cielo e si abbracciano. Noi tutti aspettiamo con ansia che il sole abbracci la luna e quando accade, guardiamo il cielo e siamo felici. Pensa che abbiamo dato pure un nome al loro abbraccio e l’abbiamo chiamato eclissi.
-E perché siete felici?
-Perché sappiamo che in quel momento il sole e la luna sono contenti di riunirsi e di riposarsi insieme dopo tanto viaggiare per il cielo. Un poco come quando la sera torniamo a casa io e papà che non ci siamo visti per tutto il giorno e ci abbracciamo. Tu, amore, non sei felice quando la sera papà mi abbraccia?
-Sì, mamma!
-Ed è lo stesso quando guardiamo il sole e la luna incontrarsi nel cielo! Tutto chiaro adesso? Hai altri perché che vogliono uscire da quella bella testolina scura?
-Per ora no! Quindi mamma sicura che si abbracciano, prima o poi?
-Sì, amore, prima o poi si riabbracciano sempre.

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

Il primo giorno

-E quindi hai paura?
-Beh, un poco sì.
-Un poco o tanto?
-Abbastanza per chiudermi lo stomaco.
-A cosa pensi?
-Di non essere all’altezza.
-Beh, effettivamente sei 1 metro e 60.
-Anche meno in realtà.
-Eppure ci sono i proverbi che possono supportarti in certe situazioni, come: “nella botte piccola…”
-…C’è meno vino?
-Mmh, scegli di riempirti volontariamente il bicchiere mezzo vuoto, insomma.
-Continuiamo a parlare per modi di dire?
-Allora amore, cosa vuoi detto? Hai paura? Mi dici di sì, pensi di riempirti un bicchiere di vino per aiutarti, ma poi ti “dai la zappa sui piedi” -o scusa- riempiendotelo mezzo vuoto. Hai studiato tanto, preso titoli, cambiato paesi, e poi arrivi a soluzioni simili che profumano di autogol?
-A volte dimentico di avere uno scrittore come compagno. Sai, è divertente quando mi fai le ramanzine: me le fai talmente bene, talmente sottili, tanto decorate, che sembrano parafrasi di poesie che in realtà mi punzecchiano velatamente l’inconscio.
-Eccola, adesso riconosco quel pizzico di creatività che ti è naturale. Per favore, falle arrivare un messaggio da parte mia, e dille di non permettere alla paura di rinchiuderla a chiave dentro la tua bella testolina scura. Ah, e anche che il “Cenerentola style” è ormai superato.
-Amore, ok, apprezzo il tuo aiuto -e anche i tuoi voli pindarici mirati a farmi confondere e distrarre contemporaneamente-, ma non è difficile essere creativa davanti a te, nel nostro salotto.
-Beh, allora se pensi sia facile in salotto, cambiamo stanza, usciamo di casa e vediamo se lo sei anche all’angolo della strada o nel parco. Anzi no, vediamo se lo sei anche nella tua libreria preferita, nel café all’incrocio di Via delle Rose, oppure anche nel deserto: ecco, secondo me se sei creativa nel deserto, lo puoi essere ovunque.
-Ahah e perché proprio lì?
-Vedi, per me il deserto è come certe aule studio senza libri. Sembrano asettiche, ma in realtà sono piene in potenza di tutti i contenuti che possono fuoriuscire dalla tua mente.
-Chissà se nel dizionario risulta questa definizione di “creatività”.
-Chissà intanto se questa tua paura, la stiamo esorcizzando almeno un pochino.
-Ebbene di un pochino; dopotutto so che le mie inquietudini hanno poco scampo quando combattono contro la tua ironia e la tua di immaginazione. Quanto vorrei che fossi con me, domani.
-Amore, qualcuno ti cancellerà la memoria questa notte? Finché non permetterai all’ansia di eliminarti i ricordi -compreso il pin del tuo telefono, come l’ultima volta… -, la mia bocca pronuncerà le stesse frasi anche domani, solo che sarà tutto nella tua testa.
-E che succede se le ricordo male? Che succede se confondo i toni, i suoni e le stesse parole formano frasi diverse quando ci ripenso?
-Innanzitutto se dovesse succedere, provvederemmo subito con l’assumere una pillola al giorno di fosforo e omega 3 -la mattina, prima di colazione per la precisione- e secondo: non succederà. E sai perché?
-Perché se comprassi le pillole per la memoria, mi dimenticherei pure di prenderle e quindi la mia testa si rifiuta già a prescindere di farmi notare certe sue défaillance?
-No, ma -eh- anche. Ti dico che non succederà perché sarà la tua testa a decidere cosa le accadrà. Se la tua volontà è quella di essere efficiente, lo sarai. Sappi solo che essere efficienti non vuol dire non sbagliare. Sbaglierai, perché le prime volte in cui si fa qualcosa, è normale che non la si sappia fare, ma da ciò imparerai e, solo allora, passerai al livello successivo: un pò come accade per questo gioco che mi hai fatto mettere in pausa perché sei entrata nella stanza con l’aria di chi sta per essere condannato a una morte non felice.
-Perché ci sono morti felici?
-Scherzi? Mai sentito di quelli che muoiono per il solletico o per un’indigestione di dolci?
-Dici i diabetici?
-Beh, whatever, come può essere triste, il morire ridendo o mentre si è soddisfatti dei pasticcini?
-Ahah se non sapessi che scherzi, la mia faccia sarebbe traumatizzata da quello che dici e non dal fatto che domani è il mio primo giorno di lavoro.
-E andrà benissimo, e se anche non dovesse essere secondo i tuoi -fin troppo alti standard-, mia cara Miss Devo Fare Tutto Benissimo e Lo Devo Fare Tutto Io, sarà sempre qualcosa che nel futuro ricorderai con il sorriso. A meno che…
-A meno che?
-A meno che non incendi il palazzo. Sì, tipo mentre passi un foglio al tuo collega e il foglio si brucia con la candela che è casualmente accesa -ad agosto e in pieno giorno- proprio sulla sua scrivania. Allora entrambi non fate in tempo a spegnerlo, il fuoco brucia gli altri fogli, tutti scappano, – il tuo collega pure-, tu riesci a spegnere il fuoco del primo foglio, lo lasci lo stesso sulla scrivania del tuo collega – perché avevi solo un compito da svolgere-,  finalmente te ne vai e…
-E…?
-E niente, vedi che il palazzo brucia. Ecco: quello sarebbe, comunque, un primo giorno memorabile; un giorno in cui dimostreresti, ugualmente, a te stessa, la tua capacità di essere la migliore anche nel combinare il peggio e nel fare il maggior danno che avresti potuto mai fare al tuo primo giorno di lavoro.
-Ok, evitare le candele, recepito.
-Decisamente. Adesso posso finire di giocare?
-Sì, scrittore. Vai in pace a fare i tuoi giochini da adolescenti nerd.
-A questa non ti rispondo!
-E meno male. E comunque, grazie.
-Ma di che, rompiscatole. Meno paranoie, più dolci, meno candele, più risate. Brucia l’ansia con il fuoco dell’ironia e ripensa a queste parole domani, quando ti daranno il primo compito e nella tua testa si formuleranno queste parole: “E che cazzo vuol dire far firmare la cedola 245”. E allora tu dí che lo farai e sorridi pure. Dopo, in silenzio te ne vai al pc e cerchi su Google cosa diavolo è una cedola 245. E, nel caso in cui Google fraintende e anche lì arriva a dirti che in realtà la cedola 245 è una malattia e che in realtà stai per morire, chiediglielo al collega più simpatico e prenditi tutto il tempo che vuoi.
Ma sopratutto, amore, pensa che se queste parole in realtà non sono state mai realmente dette da me, ma se sei stata tu a scriverle su un pc e a pubblicarle, vuol dire che dentro di te hai tutte le risposte, insieme a quella creatività che ti farà risolvere i problemi, e… che, in verità, non serviva un reale fidanzato per scoprirlo e per sentirtele dire.
Detto ciò, buon primo giorno!

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

Il telefono

Servirebbe un telefono, un semplice telefono per comunicare con luogo sconosciuto e molto lontano.
Uno di quelli senza fili, perché i fili non raggiungerebbero quella distanza.
La ricezione dovrebbe essere così tanto potente da riuscire a prendere, da farti sentire bene e squillante la mia voce o meglio, da farmi sentire di nuovo bene e squillante la tua.
Aprirei la rubrica o nella ricerca metterei il tuo nome, come si fa ormai con tutti i telefoni del mondo, e poi tasto verde: fino a che mi rispondi.
A-Sei tu?
B-E certo! Hai chiamato me!
A-Ma come, lassú prende?
B-E allora perché hai usato il telefono se non ci credi.
A-Beh, ma non mi aspettavo che rispondessi… Tanto che tra le mille cose che ho da dire, ho come il blocco per lo scrittore, non so da dove cominciare.
B-Parti dalle tue novità: anche se le so tutte.
A-Beh mi sono laureata.
B-Sí, lo so, brava!
A-Beh, mi sono laureata una seconda volta, ma non in Italia e ho pubblicato un libro di poesie che fortunatamente papá non ha letto (credo).
B-Sí, so anche questo.
A-Sai se non lo ha letto?
B-Quello non è compito mio dirtelo, ma so del tuo libro e del master.
A-Ah ok, giusto.
Ogni tanto penso che voglio tornare a casa, per rivedervi tutti. Ma poi ci penso meglio e quasi non vorrei tornare più.
B-Perchè?
A-Perchè tu non ci sei.
B-Che sei esagerata! E allora con chi stai parlando?
A-Sí, lo so… ma non è proprio la stessa cosa.
B-Nica, come vedi so tutto di te, anche molto più di quello che non racconti. Siamo qui che parliamo con questo telefono senza fili. E tu senti bene la mia voce, è vero?
A-Si, è vero.
B- Lo vedi che allora questo nuovo telefono che ho voluto, funziona? Se vuoi che funzioni, funziona.
La mia voce si sente bella e forte e la puoi sentire ogni volta che vorrai.
Che poi per te non sia la stessa cosa, è perché si tu l’esagerata!
A-Quindi ti potrò continuare a chiamare gratuitamente ogni volta che vorrò?
B-Gratuitamente non lo so, però servirà soltanto che avrai sempre il cuore disposto ad ascoltare. E comunque non mi chiedi come sto?
A-Giusto, scusami. Come stai? Ti trattano bene lassù?
B-Non mi posso lamentare e poi ho la vista migliore. La mia camera da letto da sul mare e vedo da qui l’Isola delle femmine.
A-Quindi rimani sempre in zona, dopotutto.
B-Sí, dopotutto. Ora se hai finito con l’interrogatorio io ritorno a vedere “Sentieri” (che, assurdo ma vero, da quassú prende da oltre trent’anni ) e tu devi tornare a studiare!
A-Signorsí! Prima di richiamarti, ti manderò  un messaggio la prossima volta: vediamo se arrivano anche quelli fin lassú! Adesso peró ricordati di chiudere con il tasto rosso la chiamata o sennò chiudo io.
B- Ave ca l’ho imparato, che posso insegnare io a te! Ciao Nica!

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

La valigia rossa

– E così vai via?
Silenzio, vento.
– A che servirebbe restare, ormai?
Si davano le spalle, schiena a schiena.
– Ci arrendiamo così? Era questo il nostro essere eterni?
– Il “per sempre” non esiste.
Muove un passo.
– Non andare.
La prende per il polso : – Questo è un momento che vale la pena di vivere. Siamo più vivi che mai, perché stiamo provando emozioni, finalmente. La tua testa vuole andare via, ma i tuoi piedi sono qui. Il tuo cuore è fermo, qui.
– E’ sbagliato. Noi siamo sbagliati.
– Eppure non ti muovi.
Entrambi guardano la loro ombra proiettata per terra: sono una cosa sola.
– Come può essere tanto sbagliata qualcosa, quando la si vuole così tanto? Come puoi uccidere qualcosa di tanto introvabile come l’amore, solo perché pensi che sia sbagliato colui che te lo suscita? Se è riuscito a farti amare e ad amarti, quello non può essere un errore.
Lei guarda in basso, cerca di tenere lontana la voce dal suo cuore che ha ripreso a battere.
– Io sono due persone: quella che ti strapperebbe via il polso dalla tua mano, dicendoti addio e quella che è incapace di muoversi per paura di non rivederti il giorno dopo. Ma questa agonia deve finire. Vivere con te è passione e dolore. Più dolore che passione. La passione tende a far dimenticare i momenti in cui ho pianto, ma quando ritornano io vedo quanto i nostri caratteri ci uccidono a vicenda. Possiamo amarci tanto, ma non possiamo fingere che non siamo opposti nella maniera più difficile da sorvolare. Io non posso essere chi tu vuoi, né tu chi voglio io. Perché così non vogliamo chi siamo, ma chi vorremo che fossimo.
Lui tace. Conosce a memoria quei discorsi e quel sentirsi divisi in due. Molla un po’ la presa e il cuore di lei perde un battito.
– Non sopporto l’idea che una storia come la nostra finisca così. E so che è da pazzi tenerti stretta al polso dopo anni di discorsi sempre uguali, ma questa è la mia inclinazione : io ritorno sempre da te.
Quando la lotta del cuore, raggiunge la testa, crolla il castello, crolla l’armatura. Una lacrima accompagna le parole di lei:
– Chiedimi di tornare.
– Come?
– Nel suo impeto di speranza improvvisa continuò tutto d’un fiato: – Chiedimi di tornare in questa città. Qui, insieme, non dovremmo più preoccuparci delle distanze. Sistemeremmo tutto più in fretta, con la presenza, con la maturità. Mi vedresti sorridere più spesso e così farei io, in quel caso sarebbe una prova che infondo non siamo poi così sbagliati.
Lui stringe di nuovo il suo polso e scivola fino a intrecciare le dita con le sue.
– Ci siamo già detti addio, e la cosa non ha mai funzionato. Ma nel silenzio, siamo cresciuti sempre più della volta precedente. E adesso posso dirti che non potrei mai chiederti di rinunciare ai tuoi sogni per me. Proprio per lo stesso motivo per cui non riesco a muovere un passo, non posso chiederti di mollare tutto per costruire qualcosa che si è rotta molte volte, per non farti ritrovare con un cuore ed una carriera spezzati. Tutto questo solo perché sappiamo bene che il nostro stare insieme non dipende dal nostro cuore, ma da una parte di noi che non possiamo governare. Quella parte di noi che ci ha allontanati molte volte…
– … E quella parte di noi che ci ha fatto sempre ritrovare qui, mano nella mano.
Lui la stringe a se e le da’ un bacio in testa, nascondendo degli occhi lucidi che non è solito mostrare.
Assaporano quel momento il più a lungo possibile, adesso sanno che è l’ultimo.
Parlò lei con la voce mozzata dal pianto: – Io avrei remato più forte, se così avessi fatto tu. Ti avrei seguito in capo al mondo e sarei tornata da te… Ma non posso remare solo io, si rema in due. Per questo riprendo la mia valigia e risalgo su quell’aereo, perché una storia è fatta di tante cose e quando la maggior parte di queste viene a mancare, siamo solo due esseri uniti che lottano tra di loro, da più vicino. Non credevo alla gente che mi ripeteva quella odiata frase, ma adesso è così : l’amore non basta.
Lui stranamente non replicò; quel suo silenzio era più straziante di una sua possibile risposta. Sanciva la fine di tutto.
Lei continuò: – Farò di tutto per non tornare più. Farò che questa sia la volta decisiva. Promesso.
– … Mi darò pugni al petto, quando il cuore vorrà prendere il sopravvento.
La interrompe lui e per lei fu una pugnalata allo stomaco.
La lasciò dalla stretta e lei salì in macchina con la sua valigia rossa. Avrebbero ricordato entrambi il sapore delle labbra umide di lacrime, quella luce del neon che illuminava la strada, il rumore delle macchine che ogni tanto passavano accanto, quella panchina ed il loro addio.

 

Pisa, 2014