Dialoghi, Racconti & Poesie

Il Contratto

Conversazione tra me e Dio, prima dello scoccare della mezzanotte del 3 settembre 1991.

-God: “Allora, Valeria, ricapitolando: nascerai in Italia, da genitori siciliani, ma tua madre non ti darà mai i suoi occhi azzurri. Sarai celiaca, ma te lo confermeranno soltanto dopo la fine degli anni di liceo; un’esperienza quasi paragonabile al 2020 e che poi ti spiegherò. Fin qui, tutto torna?”
-Valeria in versione animula: “Sisi, tutto perfetto”.
-God: “Ok, continuiamo. Sembrerai a lungo una ragazzina, roba che ti prenderanno per liceale anche quando avrai 30 anni. Finché, un giorno ti sveglierai finalmente vecchia, così de botto, senza senso”.
Valeria annuisce con il capo, Dio continua.
-God: “Vivrai una serie di cose, tipo: la caduta delle torri gemelle, sarai vicina alla piazza di Vienna dove faranno un attentato durante un tuo viaggio in solitaria. Ah, si! E poi vivrai il 2020.”
-Valeria: “Signore, mi scusi, che c’è nel 2020?”
-God: “Ma niente, le solite cose, tipo disastri ambientali, scioglimento dei ghiacciai, Notre Dame in fiamme, Tik Tok, una pandemia…”
-Valeria: “Una pandemia? E di che?”
-God: “Guarda senti, te non ci pensare ora, tanto si tratta di qualcosa che avverrà soltanto intorno ai tuoi 30 anni. Ti dico solo che una cinese mi ha fatto sbroccare, importunando il mio vicario in terra. Comunque, sempre meglio della peste della tua scorsa vita. Continuo?”
-Valeria pensierosa: “Ah sí, certo certo.”
-God: “Lavoro manco a parlarne, ma di lauree quante ne vuoi”.
-Valeria: “Beh, in amore almeno sarò fortunata, no?”
-God: “Ma guarda, cioè dipende dai punti di vista. Almeno questa volta il marito non ti muore in guerra. Per il resto, ti darò degli amici molto validi.”
Dio continua a guardare la sua lista e mette spunte in base a ciò che legge.
-Valeria: “Quindi, mi perdoni, ha detto una pandemia, eh?”
-God: “Guarda, per agevolarti ci metto che la tua casa natale sarà davanti al mare, inoltre avrai la capacità di essere giusto un minimo multilingue, insieme alla combo Siri e Netflix per quando sarai pigra e in zona rossa.”
-Valeria: “E oltre alla pandemia, ci sarà altro?”
-God: “E daje con sta pandemia, Valeria. Altro non posso dirti, ricordati che hai deciso di acquistare il pacchetto “Nuova Vita” in modalità semi-occulta. Allora, quindi, cosa fai? Accetti?”
-Valeria: “Potrei pensarci un altro po’, dato che dovrei ragionare su qualche…”
-God: “Valeria, guarda che do questa opportunità a qualcun altro, eh! Ripeto: Accetti i termini bla bla bla dichiari di aver letto le condizioni per la privacy etc etc.?”
-Valeria: “Ok, accetto.”
-God porgendo il tablet: “Spunta qui la casella ‘Non sono un robot’.”

✔️

-God: “Perfetto figlia mia. Benvenuta nella tua nuova vita. Ci rivedremo tra ben 85 anni.”
-Valeria: “Cos?”

Ed è così che suppergiù è andata.

Racconti, Racconti & Poesie

Risvegliarsi

Finalmente.
Esatto, finalmente mi ritrovavo dentro un teatro. Guardavo incredula e con occhi lucidi ogni cosa intorno a me: dallo schermo che cambiava immagini a un ritmo vorticoso, ai sedili in pelle bordeaux ordinatamente in fila, fino a tutta quella gente che parlava entusiasta, quanto lo ero io. Sembrava che fossimo tutti lì per la prima volta e forse lo era per davvero.
Una marea semi composta di persone continuava a entrare, pronti a prendere posto in platea per l’evento. A quanto pare, quella era una serata speciale; infatti si festeggiavano i settant’anni di un film che ha segnato la storia del cinema, con Audrey Hepburn come protagonista.
Una volta raggiunto il mio posto, accanto ad altre persone allegre e agghindate a festa, ricordo che non riuscii a stare seduta per la frenesia del momento.
Mi sentivo nuovamente una bambina, in attesa che Babbo Natale arrivasse con i doni; oppure ancora un’adolescente, trepidante, nel momento prima che si spegnessero le luci dell’anfiteatro per dare inizio al concerto della sua band preferita.
Ad ogni modo, mancava ancora tempo prima dell’inizio della pellicola. Dunque, una volta chiesto permesso alle tante gambe comodamente sedute perché si spostassero in modo da lasciarmi passare, riuscii infine a uscire dalla sala per raggiungere la hall: e fu solo in quel momento che mi accorsi di essere al MET di New York.

I luoghi dell’arte in funzione del cinema, il quale divulga la cultura come se si trattasse di una nuova primavera. Sembrava un altro mondo, una nuova era, e forse, magari, chissà che non lo fosse sul serio.
E mentre signore e signori inzuppati, con l’ombrello ancora aperto, si facevano strada verso l’interno del teatro, una volta varcate le grandi porte a vetro scorrevoli, io, incurante della pioggia torrenziale che imperava per la città, con il cellulare tra le mani, decisi di uscire fuori. Volevo immortalare quello spettacolo: un grande schermo posto sulla costruzione permetteva anche ai passanti non paganti di ammirare il ritorno di un capolavoro ancora tanto amato, mettendo il cinema a disposizione di tutti e portandolo tra le strade della Grande Mela.

Una volta inquadrato con il telefono lo schermo variopinto con la scritta MET come firma, sulle note languide di Henry Mancini, molte teste distratte subito alzarono il naso all’insù, richiamate dalla dolce melodia di Moon River. E tra quelle c’ero anche io, che con la pelle d’oca, soltanto allora realizzai come tutta New York stesse festeggiando proprio Breakfast at Tiffany.
Presi a sorridere inconsapevolmente, mentre intanto continuavo a guardare il film da quella inedita postazione. Un croissant, un lungo tubino di raso nero Givenchy che tocca terra e una donna che si riflette sulle vetrate di un negozio ormai senza tempo. I miei occhi erano incantati dalla visione del mondo sentimentale di Blake Edwards, e mentre una parte di me veniva letteralmente rapita da quelle scene di una città sempre attuale, riuscendo perfino a dimenticare come la pioggia fosse riuscita ad inzupparmi ormai fino ai capelli, non potei fare a meno di pensare a quanto la realtà si avvicinasse al sogno. Un meraviglioso sincretismo artistico, questo il regalo di New York. L’abolizione dei confini, del ‘mio e tuo’, una libertà che va a braccetto con una rinnovata tolleranza: che siano stati questi alcuni degli effetti positivi di due lunghissimi anni di pandemia?
Finalmente la vita ci offriva uno spettacolo più democratico e l’arte era pronta ad aprire le sue porte per risollevare lo spirito umano dopo questa lunga guerra.
Cosa volere di più? “Beh, forse semplicemente un phon per asciugare i capelli, prima di beccarmi una semplice influenza”. Così, risposi tra me e me, mentre tornavo sui miei passi per varcare nuovamente e al contrario le porte scorrevoli del MET. Dopotutto, il mio posto a sedere in platea, finalmente, mi aspettava.

Dopo di ciò, mi svegliai.