Pensiero e sentimento

Ondivaga

Sono a letto e fuori piove.
Ho terminato di leggere “Affinità Elettive”, e così Goethe mi ha dato la buonanotte un’ultima volta.

Ho ancora il piumino leggero; qui a Bologna il cielo è stato uggioso, anche se a tratti soleggiato.
Un tempo Ondivago direi.

Che bel termine “Ondivago”; da quando l’ho sentito, mi sono chiesta come fosse possibile amare una parola.
Ondivago è un’altalena, il movimento costante, un’oscillazione che sconvolge la retta.
Ondivago emana tinte blu mare, blu cielo, blu malinconia.
Ondivaga è l’onda che sbatte sullo scoglio della mia terra, è il giorno che si scambia a intermittenza con la notte.

E intanto i giorni passano insieme ai mesi.
E nel mentre che il fiume scorre, io rimango qui, nascosta tra queste coperte.
Il blu di cui ho bisogno, lo abbraccio guardando il cielo sopra di me e che fa da tetto alle ritrovate camminate; mentre ad accompagnarmi, ci stanno innumerevoli pensieri -anch’essi ondivaghi- che mi permettono ogni volta di volare verso altri luoghi.

Spengo la luce del mio comodino; la pioggia continua a cadere in questa città tanto a nord del mio sud.
Chiudo gli occhi e sento il mare.
Sono altrove.
Sono a casa.

Buonanotte,
fuori sede.