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Tu che vieni da Marte

Tu che vieni da Marte,
io che vengo da Venere,
penso, mentre mi guardi in silenzio a braccia conserte.
Ti guardo con occhi lucidi, mi rispondi con le labbra serrate.
É tutto chiuso nel tuo castello: ogni cancello, ogni porta, ogni finestra.
Da lì non entra il mio vento e neppure il mio canto;
e non vedo spiragli tra le tue barricate,
soltanto cannoni e lame, che ormai conosco da tanto.

Tu che vieni da Marte, io che vengo da Venere
ancora non so come avvicinare i nostri mondi;
io che non conosco le leggi della chimica, posso solo confidare nella sua magia.
Con un passo in più, una carezza sul volto di cera
e possiamo liquefarci, noi finti pezzi di ghiaccio al sole.
Ma non è il momento, mentre stiamo qui a guardarci,
tu sempre a braccia incrociate, io sempre con le ferite al cuore.

E intanto, tu, guerriero, vieni da Marte, mentre io, artista, vengo da Venere,
e lo dico a voce alta perché voglio che lo senti:
sebbene sappia che le mie parole non hanno potere
nella mente di chi lotta e considera soltanto l’agire.
E allora io, abitante di Venere, invoco il tuo stesso silenzio, direttamente da Marte.
Che esso mi avvolga tutta intera, lasciando scoperti solo gli occhi
che ora bruciano un poco, influenzati dal mantello marziale.
Tu che mi continui a osteggiare, eppure del mio silenzio cominci a dubitare:
non ci sono più le mie parole a guidare le tue strategie,
stai perdendo potere, e questo so che non lo puoi sopportare.
Allora, di nascosto, indaghi ogni parte del mio corpo
per tentare di scoprire almeno uno sprazzo di intenzione,
e intanto io sorrido, sono al sicuro,
finché barricata da questo manto nero che ti è familiare.

Tu che vieni da Marte, ed io che uso le tue stesse armi:
come te lo spieghi adesso, questa improvvisa inversione dei ruoli?
Per come ti hanno insegnato, ricalcoli la strategia: vuoi farmi arrendere.
Ma questa volta, non ti rimane che un’unica finestra aperta,
all’altezza dei miei occhi scoperti e infuocati, oramai.
Così, per la prima volta tu mi guardi.
Marte, Guerriero, Narciso: io esisto.
Interroghi i miei occhi con i tuoi, indugi su di loro, sperando di sentirli parlare,
ma questa volta li vedi solamente bruciare.

E adesso, guerriero di Marte, sai che ti rimangono soltanto due scelte:
l’una verso avanti e l’altra verso dietro; che sia arretrare o sia avanzare;
puoi bruciare il mio mondo e ritirarti; oppure issare bandiera bianca.
Io sono pronta, ho avuto tante albe e tramonti, un tempo lungo, per potermi preparare.

Ma nel mentre che scegli, rimani fermo, e ancora le tue braccia formano una X.
E intanto io festeggio per aver scalfito la muraglia
con la mia strategia che si chiama empatia:
quindi alzo un braccio, scostando di poco il mio mantello,
e ancora senza parlare, ti metto una mano sulla spalla.
“Io che vengo da Venere, ripeto che so poco di alchimia, ma credo nella sua magia”.
Te lo sussurro all’orecchio, e innesto un brivido sul tuo collo.
E tu guerriero, impreparato su questo, ecco che piano, vai disfacendo quella X dal tuo petto
e getti le braccia parallele al tuo corpo:
segni di un castello che adesso sta valutando la sua resa;
segni di una Venere potente che, dall’alto, osserva compiaciuta.

Ma ancora non parli, tu che vieni da Marte, tieni la bocca serrata,
eppure mi guardi; mi osservi in silenzio con due occhi meno di ghiaccio.
Quella mia mano ancora sulla tua spalla, ti sta diffondendo il calore della mia terra,
un calore che non sa di fiamme e fuoco dell’inferno, ma di sentimenti e di vita.
Sento il tuo corpo meno in tensione, vedo la tua carne cambiare colore.
Certa che anche Venere ci sta guardando, e che Marte, lui sa che davanti a lei,
la guerra prima o poi dovrà cessare.

Finché il fuoco si trasformerà in rose rosse
e i silenzi diventeranno parole;
finché il vento soffierà piano nel castello dalle finestre spalancate sul mare
e il canto colorerà le sue sale di emozioni.
E da quel tuo sguardo tornato umano, inaspettatamente mi sorridi:
tu che vieni da Marte, io che vengo da Venere
non siamo poi di mondi così opposti;
conosciamo la guerra, conosciamo l’amore,
e tu, guerriero, ogni volta è grazie a me che ti ricordi che hai un cuore.

15 pensieri su “Tu che vieni da Marte”

  1. Bravissima!!! Una lirica sublime che ha il potere di trasformare l’ostinata ed insensata fierezza di Marte a confronto con la dolcezza , la soavità e la disponibilità di Venere…alla riconciliazione.
    L’iniziale conflittualità si trasforma in piacevole, reciproco e tanto desiderato ritrovarsi….
    Complimenti!
    Franco

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