Pensiero e sentimento, Poesia, Racconti & Poesie

Parlarti

Ti parlo
tra chilometri e città
tra impegni e altra gente
tra feste
tra uscite
e risate finte.

Ti parlo
nelle sere fredde, da soli, dopo cena.
La mattina, appena sveglia, prima del caffè.
E poi in macchina, con quel drink di troppo
che mi intorpidisce il corpo,
ma risveglia le parole.

Ti parlo ancora
mentre guardo il cielo e la nuvola si allontana.
Davanti al mare, sui ciottoli che fanno male.
Guardando un film, quello che piace a te.

E tu non ci sei.

E vedi, il dramma è questo:
io ti parlo e tu non sei qua.
Eppure so che anche se lontano,
puoi sentirmi.

Ed è proprio per questa mia irrazionale certezza
che io continuerò a parlarti.

Dialoghi, Racconti, Racconti & Poesie

Pensarsi

-C’è un dubbio che non so sciogliere, quello per cui non capisco se ci siamo persi o allontanati.
-Ha importanza?
-Beh, certo! Se ci perdiamo, vuol dire che siamo relegati in un passato che un tempo ci è appartenuto, mentre, se ci siamo allontanati, rimaniamo insieme nel presente e lo saremo anche un pochino nel futuro.
-E tu cosa vuoi? Relegare nel passato o portarmi nel futuro?
-Voglio la soluzione che faccia meno male.
-Ti fa meno male vedermi più sbiadito?
-Sì.
-Ti senti più leggera, se mi dimentichi?
-Sí.
-Riesci a dimenticarmi?
-No.
– Sai che ci sono cose che puoi cambiare e altre su cui non hai potere. Il segreto per non soffrire è convivere con le seconde, e fare di tutto per agire sulle prime.
-Vuoi dire che devo convivere con te? Ma così ti porto nel futuro!
-Devi convivere con il mio ricordo, mentre lo tieni a bada in un cassetto. Trattalo e trattami come il giocattolo che amavi da bambina; poi appena sei cresciuta, l’hai conservato da qualche parte e andando avanti negli anni, è capitato che non ci hai più pensato. Ma un bel giorno, camminando per la strada, noti una bimba che abbraccia una bambola così simile alla tua. Dunque, lo ripeschi dalla memoria, il tuo giocattolo che ti era tanto dispiaciuto riporre alla fine di quel periodo della tua vita, eppure questa volta ne sorridi. Infine, quando la bambina ha girato l’angolo, anche lì, il tuo pensiero fa lo stesso, e la bambola sparisce dalla strada dei ricordi, rimasta indietro e riportata nuovamente nel suo cassetto. Ecco, è così che devi fare con me.
– Il mio giocattolo preferito… è questo che sono stata io? É così che tu hai fatto con me?
-No. Io ti ho paragonato a una delle giornate più belle della mia vita, una di quelle che ti hanno segnato e che ricordi con il sorriso. Magari le vorresti rivivere, ma per farlo devi tornare più piccolo, devi tornare indietro, devi smettere di essere chi sei.
– Già, io e te non siamo più chi eravamo.
– Ed è giusto che sia così.
-Quindi anche tu mi porti nel futuro?
– É inevitabile. Ti ci porto, ma con parsimonia. Rispunti fuori quando qualcuno ti chiama: un profumo che sembra il tuo, una voce dolce come la tua, un foglio di carta su cui è scritta una poesia, una ragazza che da lontano ha la gonna mossa dal vento, come quella volta che ti ho vista mentre guardavi il tramonto davanti al mare.
Vedi, io non posso rispondere al tuo dubbio, perché noi non ci siamo né persi e né allontanati. Quel che è stato, in qualche modo, ci ha legato seppure noi non ci vediamo, non ci incontriamo e se magari ci vediamo anche, non ci parliamo.
– E non stiamo parlando, adesso?
– Sì che stiamo parlando, e questo è l’unico modo che abbiamo per farlo. Tu hai formulato nel tuo cuore queste domande tanto tempo fa, io oggi sento il bisogno di rispondere a qualcosa che non hanno sentito le mie orecchie, ma che ho percepito dai silenzi degli anni che passano. Tu magari non mi sentirai oggi stesso, ma quando guarderai il cielo e vedrai una scia bianca di un aereo, sorriderai perchè in cuor tuo, mi hai sentito.
-Quindi non ci siamo persi, nonostante tutto.
-No, e non ci perderemo mai, nonostante tutto.

Lui sorrise, conservando in tasca quel foglio di carta che recitava due frasi di William Shakespeare, scritte da qualche sconosciuto e trovate per caso su di una panchina.
Era il 7 novembre 2018.
E lei sorrise, quando sul cielo di Londra, vide comparire una scia di un’aereo che tagliava in due la sagoma della luna, all’ora del tramonto.
Era il 31 dicembre 2019.

Pensiero e sentimento

In solitaria

Hai presente l’atmosfera che si respira sulla spiaggia all’ora del tramonto?
In lontananza e affievolite, sembra quasi di sentire le voci dei bambini che hanno giocato con i suoi ciottoli per tutto il giorno. Anzi, ti viene proprio da respirare a pieni polmoni, mentre cammini verso il bagnasciuga.
Senti come se quel posto ormai fosse tutto per te, come una parte della tua stessa casa, così libero dai teli, oggetti e parole di tutti i bagnanti che lo hanno affollato per tutte quelle ore prima.
E una volta che tocchi l’acqua e ti godi il venticello che ti carezza il viso, irrazionalmente ti senti di colpo tra il fortunato e il benedetto. Avverti scivolare finalmente via la pesantezza dell’ennesimo giorno ormai quasi al suo termine e che pensavi di dover portare addosso eternamente, sommandolo a tutti gli altri.
Invece quel masso si disintegra, come acqua che batte pietra, quando ti ricordi che non è da tutti il poter godere in solitaria di quel mare dai riflessi che diventano lilla.
E ti stupisci del tuo privilegio, sovrano del mare per il tempo di un tramonto, che quello non è più il mare di tutti, poiché, per quel momento, appartiene soltanto a te.

Pensiero e sentimento, Poesia

Una canzone che non esiste

É andata così,
vile, vile, vile che sono.
Lasciarti andare, vederti sempre più piccolo,
mentre rimango in silenzio.
Ma giuro che invece parlo, urlo, grido, scalpito
dentro di me, dove ribolle la lava.
E la rabbia e i rimorsi, quelli contro di te, quelli contro di te.

Chissà se fossimo due sconosciuti, chissà se ci fossimo mai messi a parlare.
Magari mi regaleresti nuovamente quello stupido fiore bianco,
e forse mi sposteresti ancora i capelli dal viso, chissà.
Ed io, stronza, probabilmente ti crederei di nuovo
e chissà se alla fine questo amore non si tramuterebbe sempre in dolore,
in una partenza, nella distanza.
Ed il silenzio che ritorna dentro le nostre urla.
E tu, io, i nostri abbracci sfumati in una coltre di sabbia.

Che cosa siamo noi, se non ricordi sbiaditi?
A che serviamo, amore? A che serviamo?
Siamo ormai delle foglie morte, rimasuglio di emozioni spente dalla pioggia torrenziale dei nostri ma.

E tutti quanti i perché, che come mura ci hanno bloccato il cammino.
E tu dove sei, adesso?
Ed io dove sono, adesso?
E scusami, scusami se le distanze sono incolmabili.
E scusami, scusami se non so dirti addio.
E scusami, scusami se ti ho ferito.

Ed è meglio così, che questa è solo una canzone che in realtà non esiste.