Tempo fa ho sbagliato aereo.
Sono salita su quello che mi portava in un posto conosciuto come ‘Perfection Village’.
E un po’ per pigrizia, un po’ per non ammettere lo sbaglio e un po’ perché alla fine quel posto suonava bene, ci sono andata.
Dopotutto erano anni che si sentiva alla televisione pubblicizzare quella specie di resort: “vieni e potrai goderti le sue perfette meraviglie con un risparmio perfetto! Avrai pure modo di provare il vino locale “Femme Fatale”, dormire in alberghi di lusso come: ‘6 Stars’ o ‘Luxury’ e scalare la montagna per raggiungere lo chalet ‘Perfection’.”
Suonava tutto così luccicante: offrivano corsi di musica, danza, moda e ti davano l’opportunità di stare al centro dell’attenzione in qualsiasi cosa tu volessi.
Perciò eccomi, davanti al gate tutto brillantinato.
All’interno c’era gente assurda; in viso avevano stampato un sorriso che sembrava preso dalle Barbie e trapiantato su di loro. Io mi fissai sugli occhi: eppure sembravano sorridere.
Sulla destra, tra lo stand di dolci ipocalorici e quello di caffè, c’era una casetta informazioni rosa e bianca; mi avvicino per capire quale fosse il primo passo da fare ed ecco che mi riempiono di offerte, genere: “vuoi essere figa? Vuoi avere milioni di followers? Vuoi essere la nuova Chiara? Vuoi conquistare il tuo uomo?”
Giusto perché non avevo da fare, prendo l’ultimo annuncio e vado avanti.
Man mano che camminavo, notavo che qualcosa mi infastidiva. Gente pompata di botox mi superava, mi guardava e sghignazzava.
Io nella mia testa avevo ancora l’ultimo libro letto, loro invece il numero di seguaci su Twitter.
Passo la prima notte nell’hotel ‘6 Stars’ (il cui sottotitolo era: “perché 5 stelle sono troppo poche”) e dormo malissimo su un letto che a vedersi era da favola, ma talmente scomodo che pure le mie vertebre sognarono per la disperazione di essere a casa quella notte.
L’indomani mi toccava un corso qualsiasi e la successiva ora, era quella per stare al centro dell’attenzione. In quel momento conobbi due ragazze che erano andate lì perché volevano guadagnare punti in più sul loro aspetto e piacere di più al loro capo. “Sai, un aumento fa sempre comodo. Io ho tre lauree, ma lui mi usa ancora per portare i caffè. Con un aspetto migliore, magari passo a segretaria”, mi dicevano.
“Aah…”, mia unica risposta.
Eppure, parlare con loro è stata l’occasione per vederle da vicino. Proprio come in un museo, osservavo quelle “creature” e cercavo di capire quale livello di insicurezza innata poteva averle condotte fino a lì. E la cosa mi nauseava, perché lì c’ero anche io.
Riguardai gli occhi. Sarà che vediamo le cose per come noi ci sentiamo dentro, ma quegli occhi, in quel momento, li vedevo spenti. Anzi, era la pecca di quel posto da fiera della vanità: la chirurgia non arrivava a modificarti l’anima.
Nell’ora in cui dovevo stare al centro dell’attenzione, mi fu detto di fare ridere. Attenzione: di fare ridere, senza sembrare scema, banale, insulsa, sciatta, volgare. Ma sagace, brillante, femme fatale. Non erano ammessi errori, non erano ammesse cadute di stile, né cadute dai tacchi.
In quel momento mi accorsi che da quel paese dei balocchi non vi era bandita l’ansia: ne avevo a palate.
Preferii scendere e continuare per conto mio.
In tasca avevo ancora il volantino su come conquistare il tuo uomo. Ancora una sfilza di suggerimenti, tipo: “sii bella, sii simpatica, disponibile, stronza, cerca di volerlo, ma non troppo. Non devi cercarlo! Ma cerca di fargli capire che in realtà lo cerchi. Avvicinati, ma non troppo. Allontanati, ma dai segnali per confonderlo. Guadagna punti con lo stalking, i social e le improvvisate (calcolate al minimo dettaglio). In regalo ti offriamo l’opportunità di farti un book fotografico e pubblicare una foto a settimana.”
Ma la finiamo?
Avevo la famosa e tanto pubblicizzata montagna davanti a me; quella che se non fotografi è come se non ci fossi mai stata. Lo chalet, invece, era a distanza di miopia. Cerco gli occhiali nello zaino (che per regolamento erano banditi dal Perfection village) e me li metto per sbirciare meglio. Era il classico chalet, davvero carino e invernale, tipico delle foto di outfit delle fashion blogger nel periodo natalizio.
Ed ecco che successe. In ordine: butto il foglio ridicolo che gente vuota aveva perso tempo a progettare. Faccio dietro front, tra ragazze e ragazzi con il cellulare in mano a controllare i like come in una puntata di Black Mirror. A passo svelto, senza un sorriso, senza sembrare brillante, senza stare al centro dell’attenzione e con la mia solita goffaggine (chi lo sa), mi dirigo verso il cancello e mi auto-elimino.
Staff:”ha pagato per stare più giorni”
Io: “Guardi ho gli occhiali addosso e li ho tenuti addosso per tutto il tempo. In più ho ricevuto si e no due like, faccia lei.”
Staff (con un accento alla Malgioglio): ”Mon Dieu, vada via la prego! Ci infetta tutti con questa aria così da essere umano normale”.
Io: “Grazie!” Sorrisone.
I cancelli si aprono. Io torno in aeroporto e nell’attesa dell’aereo, prendo il cellulare, vado su WhatsApp, cerco quel dannato nome e senza ragionarci più di tanto, scrivo “Senti, adesso basta giocare a rincorrerci senza dircelo. Sto venendo a casa tua, che ti piaccia o no! E questa sono io: spontanea, goffa, dalla voce acuta e la risata random, ma ho anche dei difetti! Che poi tu tanto santo non mi pari. Perciò diciamo che siamo pari. Quindi preparati una risposta ad effetto che hai tre ore di tempo, prima che ti citofoni. Adieu!”.
Così, sincera, senza mezze misure, incazzata e innamorata.
Unica, unica, non perfetta.
Mi basta essere unica!